Ciao a tutti! Mi chiamo Silvia, ho diciannove anni, e studio Giurisprudenza.
Vorrei raccontarvi un episodio che mi è capitato realmente qualche tempo fa.
Insieme al mio ex ragazzo siamo andati una sera alla festa di Laurea di un suo amico, in provincia di Firenze; pur non conoscendo quasi nessuno, con l’aiuto di qualche bicchiere di sangria, mi stavo divertendo tantissimo a ballare e a chiacchierare con gli altri, quando il mio ex ha insistito per andarcene, un po’ per l’ora (erano da poco passate le due di notte), un po’ forse perché era infastidito dal mio atteggiamento troppo “socievole”.
In autostrada, all’altezza dell’autogrill, ci siamo fermati per fare benzina.
I bicchieri di vino incominciavano a farsi sentire, così avevo abbassato lo schienale del sedile della macchina e chiuso gli occhi per rilassarmi un po’; il mio ragazzo, chiesto il pieno, era sceso dall’auto per pagare.
Sentendo un rumore sordo sul parabrezza avevo riaperto gli occhi infastidita: il benzinaio, un uomo grosso e imbronciato, sembrava entusiasta di pulire il vetro dalla parte del passeggero; lo sfregava ripetutamente con forza.
Incrociando il suo sguardo mi accorsi che, tenendo le gambe accavallate, la gonna di lana mi era risalita sulle cosce: l’uomo mi guardava con insistenza sotto il vestito.
Con un’ondata di panico avevo cercato con gli occhi il mio ragazzo, temendo che potesse accorgersene, ma lui sembrava più interessato a leggere su un cartellone pubblicitario accanto alla pompa i termini di un qualche concorso a premi…
In quegli attimi non so cosa mi passò in testa, ma invece di coprirmi rimasi lì, esposta alla vista dell’uomo, senza muovere un muscolo.
Richiusi gli occhi, sentendo montarmi dentro un’eccitazione mai provata.
Immaginavo il suo sguardo insinuarsi sottile all’altezza delle caviglie, salire lungo la delicata curva dei miei polpacci per scivolare sulla pelle morbida in mezzo alle cosce.
Lì soffermarsi indiscreto fino a …
La mia fantasia fu interrotta bruscamente dallo sbattere dello sportello dalla parte del guidatore: il mio ragazzo mi chiese se volevo un caffè, e ingranata la prima, si diresse verso il parcheggio dell’autogrill.
Il benzinaio osservò la macchina allontanarsi.
Risposi che non me la sentivo di scendere, e che lo avrei aspettato in macchina, cercando di riposare.
Mi chiusi dentro con la sicura, subito pentendomi di quella scelta: dovevo andare in bagno a fare la pipì.
Con un brivido mi risistemai la gonna abbassandola, e accesi la radio mettendola al minimo su una stazione locale.
Dopo pochi minuti sentii bussare al finestrino di dietro : sobbalzando mi voltai in quella direzione e, con un tuffo al cuore vidi che era il benzinaio; non diceva niente, mi guardava e basta.
Quasi senza accorgermene alzai la sicura centralizzata: egli girò per entrare in macchina dalla parte del guidatore.
Io avevo sempre più paura, paura di tutto, che ci vedessero, che il mio ex arrivasse, ma non potevo fare niente, ero come ipnotizzata.
Si sistemò comodamente al volante, riempiendo l’abitacolo di un odore acre di benzina che mi diede subito alla testa; gli chiesi con voce incerta cosa volesse, se aveva bisogno di aiuto, chi fosse, ma egli continuava a stare zitto e ad osservarmi.
Imbarazzata dal silenzio gli dissi il mio nome, ma a lui non sembrò importare più di tanto.
Il parcheggio a quell’ora era deserto, ed io cominciai a provare, mentre mi spogliava con lo sguardo, una sensazione di panico misto a piacere.
Lui mi posò il palmo della mano sul ginocchio, lo attirò a se in modo da farmi scavalcare con la gamba sinistra la leva del cambio, divaricandomi oscenamente.
L’orlo della gonna era risalito sino alle mutandine già umide, le gambe erano tese e dure nello sforzo di controllare quella posizione e i muscoli dei glutei erano contratti come durante un esercizio ginnico; io respiravo profondamente, ed il contatto con il bozzo duro e prominente che premeva contro la mia coscia sinistra poggiatagli in grembo, mi faceva capire l’eccitazione dell’uomo seduto accanto a me.
Sentivo la sua mano fredda e umida di benzina scivolarmi sui collant dal piede al tendine inguinale, a volte graffiarmi le calze all’interno delle gambe, a volte pizzicarmi dolorosamente sotto il ginocchio, o sul tendine di Achille, strappandomi qualche lamento non soltanto di dolore.
Tenevo la testa all’indietro e gli occhi socchiusi, ma mi accorsi ugualmente, un po’ per il rumore dello zip, un po’ per il suo armeggiare con la mano destra, che si stava sbottonando i pantaloni della tuta: dopo lo schiocco di un elastico sentii qualcosa di molto caldo spingere con maggior insistenza sotto la gamba, a contatto del nylon…
era grande come il manico di un attrezzo, o di un grosso cacciavite, durissimo e ben lubrificato.
Spostò la mano destra fra le mie gambe, sull’inguine, premendo le dita contro il punto più sensibile sotto il cavallo delle mutandine, tanto da farmi gemere a lungo; adesso anche lui respirava rumorosamente, mentre quel suo affare mi strusciava e mi sbatteva sulla coscia con furia, come se volesse scoparmela come un cane.
Io presi a dimenarmi, sia per la scomodità della posizione che mi lasciava indolenzita, sia per sfregargli il cazzo sul nylon dei collant, per farmeli imbrattare di smegma, di liquido seminale ; mi piaceva che mi sporcasse quelle gambe che aveva desiderato prima, che sfogasse l’eccitazione repressa dopo un giorno di lavoro su di me che tanto lo attraevo; si, mi piaceva essere desiderata a tal punto, anche se rischiavo di farmi scoprire dal mio ragazzo, anzi, proprio per questo era eccitante, perché dovevamo fare in fretta.
Ma a lui evidentemente non bastava, così dopo aver spostato il sedile tutto indietro, mi afferro’ per l’inguine, costringendomi a montargli addosso sulle ginocchia; mi ritrovai il suo membro prima fra le natiche, poi spingere inutilmente sul buchetto di dietro (indossavo ancora sia gli slip che i collant), poi fra le cosce, che subito strinsi intorno ad esso come in una morsa di carne.
Mi abbandonai contro il suo corpo, la sua lingua che mi penetrava nell’orecchio come un serpente, le sue mani che mi strizzavano dolorosamente le tettine da sopra la camicetta, ed il suo cazzo fra le gambe, duro e gonfio che mi scopava in un brutale “coscialino”.
Le mie mutande sfregavano quella tuta lorda di grasso e di olio per auto, il nylon frusciava sporco e graffiato in pìù punti…
fino a quando il benzinaio, inarcandosi sotto di me, con brevi spasmi sputò fuori tutto il suo sperma sul mio grembo, inzuppandomi calze, slip e la parte inferiore della gonna.
Io venni alcuni istanti dopo.
Lui mi spostò con malagrazia sul sedile, si tirò su la lampo dei pantaloni, e prima di uscire dalla macchina, estrasse da una tasca una specie di imbuto, forse un beccuccio per l’olio, ringhiando che “la prossima volta che capitavo in quella stazione di servizio mi avrebbe sverginato il culo con quello”.
Ebbi appena il tempo di risistemare il sedile del guidatore, e di gettarmi la giacca sulle gambe, che vidi dallo specchietto retrovisore comparire il mio ex con un bicchiere di plastica in mano, ancora fumante.
Entrando in macchina notò subito l’odore di benzina, e disse che nel fare il pieno un po doveva essere colata fuori…
Mentre ci lasciavamo indietro l’autogrill io sorseggiavo innocente il mio caffè, rabbrividendo a gambe chiuse, ancora umida e appiccicaticcia dalla sborra del benzinaio.