Nel Negozio di Intimo

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Ero capitato con mia madre in un negozio di merceria/intimo per signora e già stavo pensando ad una scusa per squagliarmela ed andare con gli altri amici, quando entrano una coppia che abitava nel nostro stesso palazzo, i Corsini; lui, professore universitario, era un tipo gelosissimo ma non manesco, estremamaente formale, lei una autentica statua di donna che a me aveva fatto impazzire da subito, gambe perfette con calze nere con rinforzo sul tallone, tacchi medio/alti, tailleur grigio scuro con gonna appena sopra il ginocchio, stoletta di pelliccia e veletta (allora si usava molto); quante seghe pensando alla signora Corsini!. Mentre mia madre chiedeva alla proprietaria di mostrarle una gamma di bottoni che le servivano, sentii lei che chiedeva al commesso (un furbetto sulla 35ina) di mostrarle le ultime novità di calze che erano arrivate.

Il commesso invita la signora a seguirlo in un’ altra stanza del negozio dove c’era tutta la lingerie e dove c’erano diverse cabine per spogliarsi e per provare l’ abbigliamento, al che lei disse al marito: “Aspettami qui, non dovrei metterci molto”, e seguì il commesso. Il marito si sedette su una sedia di cortesia presente in negozio e cominciò a sfogliare un giornale. Io, spinto da una specie di sesto senso, mi intrufolai pianino senza farmi sgamare nella stanza dove c’erano la signora ed il commesso, nascondendomi in uno dei gabbiotti per spogliarsi, spiando la scena. Il commesso, dopo aver tirato fuori una decina di confezioni di calze, cominciò a spiegare con fare ammaliante ed avvolgente alla signora le qualità delle varie calze, decantando la linea di qua, l’ eleganza di la, mentre la signora, confusa da tutte quelle spiegazioni, disse: “Si, si, sarà tutto vero quello che dice lei, ma io devo rendermi conto direttamente, altrimenti non posso giudicare”.

Detto fatto, prese una confezione di calze e si avviò verso il camerino dicendo al commesso: “Le provo, se non dovessero piacermi gliele pago lo stesso” e si avviò in uno dei camerini di fronte. Quando riuscì, per poco non mi venne (io scommetto anche al commesso) un coccolone; la signora, che tra l’ altro non aveva mai tolto il cappellino con la veletta, si ripresentò in guepiere nera con sei gancetti ed esclamò:”Allora, come mi stanno? – a me sembra che tiri un pò dietro, comunque la riga dietro è dritta? può controllare bene per favore?” “Certo signora, se permette mi inginocchio qui dietro di lei e le sistemo a dovere” esclamò il commesso prendendo la palla al balzo. Il commesso si inginocchiò dietro la signora Corsini ed accarezzandole le gambe velate le disse:”Vede come slanciano la gamba? e come sono velatissime? però adesso devono superare la prova finale!”; “e quale sarebbe?” disse la signora che si stava specchiando e non si era accorta (poichè le sue gambe coprivano la parte centrale dell’uomo inginocchiato dietro di lei) che nel frattempo il commesso si era tirato fuori l’ uccello mostruosamente in tiro. “non dica nulla ed osservi” disse il commesso cominciando a strusciargli il suo cazzone sulle calze partendo dalla caviglia fino al polpaccio. “Ma…. cosa fa?” esclamò la signora arrossita ed imbarazzata. “Guardi come seguo col cazzo la linea dietro, sembra un strada segnata da seguire e senta il rumorino che si coglie al contatto cazzo-calza!”

La signora cominciò ad accettare quella pratica ed il cazzo del commesso andava su e giu per le sue gambe con lui avvinghiato alle natiche di lei, quindi si alzò e la impalò nel culo senza pietà, dicendole: “bella troiona di una signora borghese e perbene, vedi che che fine fai con queste calze addosso alle tue gambe da favola? Adesso te lo becchi tutto in culoooooo!”, e la signora, ansimante di piacere, mugolando diceva appena “s…ssssiiii……oooh, che cazzone che hai, mi stai aprendo il culo in due!” . A quella scena, dopo pochi secondi, fui costretto a sborrare nel camerino, seguito a breve dal commesso che, sborrando su quelle calze di seta esclamò:”Ooooh, che gambe e che calzeeeeeee!”, mentre la sua sborra cominciava a calare dal polpaccio verso la caviglia e sui tacchi. Rientrando poco dopo, mia madre esclamò: “Ma dove ti eri cacciato, io ho finito da un pò e non ti trovavo e poi come mai sei cosò rosso in faccia?”. Questo è un ricordo che mi accompagnerà per sempre e che ho tentato di “riprodurre” (non in negozio però) con buon esito anche con mia zia (vedi racconti) e mia moglie nel quotidiano.

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