I Due Ragazzi Sulla Metro

I Due Ragazzi Sulla Metro

Anche oggi mi ritrovo ad uscire dall’ufficio mezz’ora più tardi dell’ora prevista. Il problema non è tanto l’orario in sè, vivo con i miei e non devo pensare a un marito e dei figli che mi aspettano, quanto piuttosto che quella mezz’ora cambia radicalmente la situazione mezzi pubblici. Abitualmente, infatti, lascio la macchina appena fuori città al terminal della Metro e vado in centro con questa, e alla sera faccio il percorso inverso; ma mentre all’ora “giusta” i vagoni della Metro sono ancora “agibili”, quei pochi minuti di ritardo hanno il potere di trasformarli in una bolgia dantesca, un carnaio indicibile.
All’apertura delle porte, mi lancio in quella ressa, spingendo in avanti una signora di mezza età mentre qualcuno a sua volta mi spinge da dietro.
Mentre il convoglio corre sotto la città, ad ogni partenza e ad ogni frenata i corpi si appoggiano uno sull’altro, talvolta casualmente, talvolta meno, nel senso che qualcuno ne approfitta per accarezzare o strusciarsi su qualche vicina appetibile. Molte volte mi è capitato di ricevere le attenzioni di qualche uomo di mezza età, ma il più delle volte basta un’occhiataccia per farli desistere dai loro propositi.
Così, quando sento distintamente che qualcuno si appoggia più del dovuto alle mie natiche, giro il capo verso di lui già in modalità “sguardo minaccioso”.
Devo apparire davvero minacciosa, dal momento che il ragazzino alle mie spalle sbianca e biascica un imbarazzato “scusa”…
La sua reazione mi fa sorridere, e gli dico “no, no, niente…” e poi, riferendomi alla mia reazione “…scusa tu”.
Mi volto dandogli di nuovo le spalle, e sorprendentemente mi ritrovo quasi… delusa.
Già, delusa dal fatto che il mio giovane fan abbia desistito dai suoi tentativi.
Siamo strane, noi donne. Mille altre volte mi sarei sentita sollevata. Stavolta invece mi sento quasi triste per aver perso le attenzioni di quel giovanotto.
Impercettibilmente, mi muovo all’indietro, fino a che sento di nuovo il suo corpo contro il mio. Forse per evitare equivoci, sento che si allontana per quanto gli è possibile, ma con un ulteriore piccolo passo all’indietro gli sono di nuovo addosso.
Il suo pube è contro le mie natiche, strette nella stoffa dei jeans leggeri, e per rassicurarlo mi volto ancora verso di lui, rivolgendogli un sorriso malizioso.
Mi muovo quasi impercettibilmente contro di lui, accarezzandolo con le mie natiche mentre sento che anche da lui… “qualcosa si muove”. Sento infatti distintamente il suo sesso in erezione nel solco tra le mie natiche e inizio ad ondeggiare lentamente, a muovermi appena per massaggiarlo, fino a che il convoglio si ferma alla fermata prima della mia e il mio ammiratore misterioso scende di corsa. Faccio appena in tempo a incrociare il suo sguardo attraverso i vetri salutandolo con un cenno della mano.
Il giorno dopo, altro ritardo. Scendo a capofitto le scale della Metro e lui è lì, ma non è solo. E’ sulla banchina con un altro ragazzo, all’apparenza appena diciottenne come lui. Non appena mi vede, mi sorride e forse vorrebbe salutarmi, ma il treno è arrivato e ci fiondiamo dentro a quella bolgia.
Dalla prima stazione noto già che il mio amico vuole riprendere il discorso del giorno prima, e si appoggia con il sesso già rigido alle mie natiche, mentre l’amico, evidentemente istruito da quel chiaccherone del mio ammiratore, mi accarezza una coscia con la mano.
Stando attenta a mantenere il contatto con il primo ragazzo, ruoto lentamente su me stessa fino a che, mentre lui continua ad approfittare del mio sedere, l’amico si trova di fronte a me; sposto in avanti una gamba e, come in una sensuale lambada, ci troviamo allacciati con i sessi che premono uno contro l’altro e i miei grossi seni schiacciati sul suo torace mingherlino, mentre un altro sesso preme tra le mie natiche mimando un’inculata. Provo a immaginarmi per la prima volta in mezzo a due uomini, con i loro sessi che mi scavano davanti e dietro, e l’eccitazione mi fa volare oltre ogni pudore, oltre ogni ritegno. Inizio anche io a muovermi, ad andare incontro ora all’uccello che mi preme sul basso ventre, ora a quello che mi spinge sul sedere, fino a che, senza che io me ne accorga, arriva la loro fermata.
I due si staccano in fretta da quell’abbraccio, e una volta usciti dal vagone si voltano verso di me, che con il labiale accompagnato da un gesto, dico loro “…a domani”.
L’indomani, arrivo in stazione e ovviamente loro sono già lì. Oggi i jeans hanno lasciato il posto a un vestito di maglina che avvolge il mio corpo giunonico.
“Comunque io sono Sabrina!” dico, tendendo loro la mano. Sorridendo mi stringono la mano presentandosi come Filippo e Stefano, ma prima che possano aggiungere altro, il treno della Metro arriva in stazione. Oggi è un vero delirio, e a fatica riusciamo a entrare nel vagone, pressati da ogni dove da quella calca.
Come il giorno prima, i due sono ora uno davanti a me e uno dietro, e anche se non volessimo, siamo già stretti uno contro l’altro, corpo contro corpo, e sento distintamente i loro arnesi duri attraverso la stoffa sottile del vestito.
Quello davanti a me, approfittando della ressa, mi abbraccia e palpa avidamente le mie natiche tirandomi a lui, poi si fa ancora più audace e solleva leggermente la stoffa offrendo il mio sedere coperto solo da un collant all’altro. L’altro preme ancora di più la sua carne dura nel solco delle mie chiappe, e per non essere da meno, con la mano che è dal lato della parete del vagone, mi palpa un seno, protetto dal mio stesso corpo agli occhi degli altri.
Mi sento l’eroina di un manga, la studentessa che viene scopata e sodomizzata sul treno affollato, e vorrei che tirassero fuori i loro arnesi, che mi strappassero il collant, che mi infilassero i loro sessi caldi in ogni buco.
In un ultimo barlume di lucidità realizzo che è arrivata la loro fermata, e così, rapidamente, con le mani afferro i loro due uccelli attraverso la stoffa dei pantaloni.
“Non scendete” mormoro loro, e i due, anche se stupiti, accettano il mio invito.
La stazione successiva è appunto l’ultima, e scendiamo insieme da quel treno; senza fare domande mi seguono fuori dal Terminal fino al parcheggio dove mi aspetta la mia macchina, appositamente parcheggiata dal mattino in un angolo del piazzale, vicino al muro di cinta di una fabbrica.
Mi chiedo per un attimo se ciò che sto facendo è giusto, ma la mia parte più selvaggia spazza via ogni remora di quella più razionale: spalanco la portiera dal lato del muraglione, e mi siedo di traverso, stando attenta a sollevare per bene il vestito a scoprire interamente le mie cosce fino al pube.
I due si avvicinano a me, e mi ritrovo, sfrontata come mai prima, ad afferrare i loro sessi attraverso i pantaloni. Li stringo, li accarezzo, li sento diventare duri in un attimo sotto le mie dita.
Sento una voce che fatico a riconoscere come la mia che dice solo “Tirateli fuori, dai!” e subito quei due uccelli sono lì, davanti a me, ritti e lucidi.
Li impugno e depongo un bacio prima su uno e poi sull’altro; tiro la pelle per scoprire entrambe le cappelle per poi dare una leccata a una e poi all’altra; ingoio alternativamente quelle rosse fragole mature sperando che almeno uno dei due rimanga lucido per accorgersi di eventuali estranei in avvicinamento.
Una voce nel cervello mi dice: “Cosa stai facendo, Sabri? Stai succhiando il cazzo a due ragazzini in un parcheggio come la peggiore delle puttane!” e forse è vero. Sono una puttana ma in questo momento non mi interessa. Mi interessano solo quei due uccelli che si litigano la mia bocca mentre una mano si infila nel vestito a palpeggiarmi senza delicatezza un seno.
Mi interessa solo farli godere, e nel mentre sto godendo anche io, tanto da immaginare che le mie secrezioni stiano inzuppando il vestito e il sedile sottostante.
Lecco, succhio, mentre due dita mi pizzicano il capezzolo. Cerco di infilarmi entrambe quei sessi in bocca solleticandoli con la lingua, fino a che una mano mi artiglia il capo costringendomi a ingoiare l’asta del proprietario fino in fondo alla gola.
In un attimo quel sesso mi riempie la bocca di sperma, mentre l’altro, rimasto fuori, mi schizza il suo seme sul viso, riducendolo a una grottesca maschera.
Ingoio quel nettare, lecco quei due uccelli ripulendoli dallo sperma mentre anche io mugolo per un orgasmo che mi fa tremare tutta…

Rispondi